Questo racconto inizia con due ragazzi Carlo e Antonio (detto Lino) che vivevano a Vigarano Mainarda, ridente paese in provincia di Ferrara; il ricordo, lasciatomi da mio papà, parte da lontano di quando andavano a giocare in campagna nelle lunghe giornate d’estate, a Tortiola, dove la vena artistica del maestro Rambaldi già si svelava costruendo con la terra argillosa, posta vicino ai maceri, i suoi personaggi con cui immaginare nuovi scenari.
Carlo sin da piccolo aveva dimostrato il dono della sua creatività, di come trasformare l’immaginazione in forme per imprimere alla realtà una nuova linfa. Un dono che col tempo diventerà il suo modo di vivere descrivendo, con rara sensibilità, le diverse dimensioni delle storie dove la fantasia incontra la sua realizzazione. Il suo amico Antonio in quell’atmosfera agreste di gioco e di fantasia scoprirà la passione per la musica che col tempo diventerà colonna sonora della sua stessa vita. Carlo e Antonio, dopo la guerra, continuarono ad essere amici: con il treno (la littorina) Carlo andava a studiare presso l’Istituto di Belle Arti a Bologna mentre Antonio studiava violino presso il Conservatorio Frescobaldi di Ferrara dove si diplomerà 1951. Poi la vita li dividerà…Carlo inizierà ad entrare nell’ambiente del cinema che lo porterà a lavorare a Roma; mentre Antonio nel ’53 entrerà nell’orchestra del maestro Bonavolontà e nel marzo del ’54 partirà per la Colombia. Per alcuni anni vivranno distanti; poi sulla scena della vita il destino li farà rincontrare a Roma nel 1964: Carlo lavorava per il cinema con i più famosi registi dell’epoca mentre Antonio era violinista nell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.
Così i due amici si ritrovano uniti nella realizzazione dei loro sogni: lo spettacolo, il palcoscenico, la narrazione…i sacrifici, quella littorina che prendevano e che d’inverno li portava, pieni di freddo, verso la loro meta, ora trova il giusto alveo nell’Arte. Antonio portava la propria figlia Sonia a visitare il laboratorio del Maestro a Roma. Qui inizia il mio racconto personale, un ricordo denso di magia, stupore. Ancora sento sotto le narici l’odore di colla intrisa nei diversi modelli su cui il Maestro stava lavorando: volti, animali di fantasia, mani fintamente insanguinate, fogli, fogli, lunghi tavoli ricoperti da disparati materiali atti a costruire le sue “creature”, tanti colori e disegni…un universo di manufatti nuovi per me e che mi portavano alle fiabe, all’immaginario…alimento fondamentale per la mia stessa creatività di bambina. Ancora vedo i suoi occhi, profondi e buoni e sento la sua voce che con pacatezza ci spiegava il funzionamento del movimento di quell’animale, di quella mano frutto della sua fantasia nonché di una tecnologia all’avanguardia.
E’ così che “i grandi uomini e donne” lasciano una traccia nelle nostre vite perché trasmettono entusiasmo e sicurezza; è così che il Maestro Rambaldi ha lasciato, nel mio stupore di bambina, un ricordo indelebile e ancora oggi quando guardo una sua “creatura” in qualche film rinnovo quello stupore di quando camminavo nel grande laboratorio romano. Poi le vite di Carlo e Antonio negli anni settanta si separeranno: Carlo andrà in America dove darà vita a ET e Antonio continuerà a suonare il suo violino in teatro a Roma.
Nell’ultimo viaggio, tutti e due sono voluti tornare a Vigarano Mainarda, nel luogo della loro infanzia…mi piace immaginarli lassù sulla riva di un bel macero, come facevano da bambini, in Tortiola.
Sonia Maria Ofelia Testoni